A proposito di biocombustibili

Nota dell'Editore: L'autore analizza la convenienza (o meno) dei biocombustibili, dai punti di vista della resa energetica in confronto ad altre fonti, ai costi economici e problemi tecnici.


La densità superficiale dell’energia rinnovabile che è possibile estrarre dal territorio con le attuali tecnologie delle diverse fonti è rappresentata nella seguente tabella.
 
Situazione attuale della densità superficiale di energia rinnovabile annuale sul territorio tipica dell’Italia
 
Fonte rinnovabile
Tipo d’energia prodotta
Densità d’energia sul terreno
(E/km2)
Energia chimica equivalente al petrolio per km2
Eolico
Elettrica1
(20÷47) GWh
(4.5÷10.4) x 103 tep
Solare termico
Termica
(468÷756) TJ
(13÷21) x 103 tep
Fotovoltaico
Elettrica1
(65÷70) GWh
(14÷15) x 103 tep
Solare termodinamico:
tecnologia CRS2
tecnologia DCS3
 
Elettrica1
 
 
(33÷39) GWh
(49÷59) GWh
 
 
(7.0÷8.6) x 103 tep
(11÷13) x 103 tep
Biomasse:
usi termici
 
Termica
 
(16÷41) TJ
 
(0.38÷0.98) x 103 tep
Biomasse:
Metilestere4
 
Chimica
 
(2.6÷3.2) TJ
 
(0.062÷0.076) x 103 tep
1La produzione delle fonti elettriche è considerata tutta destinata all’uso finale elettrico
2CRS = Central Receiver System;
3DCS = Distributed Collector System.
4MetilTerziarioButilEstere = Metilestere
Fonte: D. Coiante, Le nuove fonti di energia rinnovabile. Franco Angeli- Milano 2004
 
L’ultima colonna riporta in termini di energia equivalente al petrolio i valori tipici della densità di energia che si trova nei “giacimenti” rinnovabili sul territorio italiano. La forcella dei valori si riferisce alle caratteristiche dei siti in relazione alla loro produttività tipica (ad esempio per il solare quelli al Nord o quelli al Sud e per le biomasse i terreni meno fertili o quelli più fertili).

L’ultima riga si riferisce alla produzione di metilestere (metilterziariobutilestere) da ciascun kmq coltivato a piante dai semi oleaginosi. Questo prodotto, addizionato con una piccola quota di alcool metilico, può essere usato come combustibile per i motori diesel e, pertanto, viene indicato come biodiesel. Le cifre indicate sono al netto della spesa energetica per le coltivazioni e per i processi.

Si vede subito che il valore della densità energetica è situato nel caso migliore a 0.076 ktep/km2, valore più basso del corrispondente del solare termico di 276 volte o di 197 volte rispetto al fotovoltaico. Allora, appare chiaro da una considerazione immediata che, se vogliamo sfruttare il territorio, conviene senza dubbio utilizzare queste tecnologie piuttosto che le biomasse. Tuttavia, dalle biomasse, anche se in modo molto poco efficiente, è possibile produrre il biodiesel e quindi vettoriare facilmente l’energia solare nel settore inquinante dei trasporti, mentre con le altre fonti ciò non è possibile. Ammesso che il discorso economico possa reggere, la cosa si terrebbe in piedi. Rimane poi da affrontare l’argomento della disponibilità dei terreni agricoli nella misura gigantesca che occorrerebbe per incidere significativamente sull’uso dei combustibili. Si tratta per giunta di terreni che devono essere fertili, se vogliamo far reggere il lato economico. In altri termini, la produzione estesa di biocombustibili entrerebbe presto in conflitto con l’agricoltura convenzionale sul piano della disponibilità di terreni. La conseguenza è che qualcosa si può e si deve fare, ma tenendo presente che si tratta sempre di una piccola cosa. Oggi, ad esempio, le colture cosiddette energetiche dei semi oleaginosi si fanno sui terreni “set aside”, cioè su quei terreni che la UE consiglia di tenere incolti, sui quali paga ai proprietari una somma annuale per ettaro. Allora, visto che l’incentivo comunitario non è incompatibile con la coltivazione energetica, coltivare tali terreni a biodiesel, anche in perdita, può divenire un affare, tanto è vero che esiste una ribellione diffusa tra i produttori per alzare la soglia di contingentamento stabilita dal governo.

Sarebbe facile verificare che se si eliminassero le incentivazioni della UE e quelle del governo italiano (riduzione o eliminazione delle accise), l’impresa sarebbe in netta perdita.

Passiamo ora ad un argomento più tecnico: come si comportano i motori nel bruciare il biodiesel?

Prima di rispondere, occorre premettere che il biodiesel deriva dall’esterificazione degli oli vegetali (colza, girasole, ecc.). Si sottopone l’olio a tale processo, non perché si vuole peggiorare la situazione dei costi aggiungendo un ulteriore passaggio, ma perché l’olio non può essere bruciato tale e quale. Se si tenta l’esperimento, in poco tempo si butta via il motore a causa sia dei residui carboniosi che si depositano sulla testate e sui cilindri, sia a causa dell’accumulo nella coppa dell’olio minerale lubrificante delle glicerine contenute nell’olio bruciato. Il lubrificante perde il potere di scorrimento ed in poco tempo si arriva al grippaggio. Tali esperimenti furono tentati alcuni anni addietro sui trattori agricoli e si conclusero con una durata media dei motori di 200 ore di funzionamento. Comunque, se qualcuno non si fida e vuole provare, si accomodi.

Allora è pacifico che occorre esterificare l’olio di semi e purificare molto bene il prodotto perché anche dopo il processo rimangono residui di glicerina. E quindi ecco di nuovo gli alti costi.

Infine, non per scoraggiare, ma per essere precisi, occorre dire che il metilestere puro non permette l’avvio dei motori diesel a freddo. Occorrerebbe prima avviare il motore con gasolio minerale e poi, a motore caldo, passare all’alimentazione a metilestere. Poiché ciò non è proponibile, il produttore di metilestere aggiunge una piccola percentuale di alcool metilico (metanolo), che permette l’accensione. E’ questa la miscela che va sotto il nome di biodiesel. Il metanolo, come si sa, viene dalla distillazione del petrolio, ma questo sarebbe il male minore. Il fatto è che il metanolo è un potente veleno, come sanno bene i vinicoltori inesperti, che in passato hanno mandato all’altro mondo diverse persone avendo sbagliato il tipo di fermentazione del mosto.

La conclusione di queste considerazioni, dopo che si è appena conclusa la battaglia per eliminare il benzene, portano inevitabilmente ad una domanda: - Quanto metanolo si libera oggi in aria e quanto se ne libererebbe se si dovesse passare ad un uso massiccio del biodiesel?