La dolorosa istoria delle fonti rinnovabili italiane
Importare energia nelle diverse forme è costato all’Italia 42,4 miliardi di euro nel 2009 (2,8% sul PIL), 53,9 miliardi (3,5% sul PIL) nel 2010, 61,9 miliardi (3,91% sul PIL) nel 2011 e si prevede che arriverà a costare 65,3 miliardi nel 2012 (fonte: Unione Petrolifera). Governanti consapevoli dovrebbero quindi essere i primi a favorire l’utilizzo di quelle fonti di energia gratuite, e “pulite”, offerte dalla Natura ad un Paese, e tanto più se esso è noto nel mondo come quello “del Sole”.
Invece no: anche l’attuale governo di emergenza, nella persona del suo ministro competente, dimostra di vedere le fonti rinnovabili come un noioso inconveniente, anziché una grande opportunità. Per cui la loro storia rimane il calvario che è stata da quando, venti anni fa, alcuni grandi nomi imprenditoriali e finanziari, e l’alta dirigenza dell’allora monopolista elettrico di Stato, Enel, sono riusciti ad ottenere dal governo un provvedimento che era ed è un sostanziale quanto colossale raggiro e ne hanno largamente goduto.
E’ andata così. Nel 1990, il governo dell’allora Germania Ovest, dimostrando sensibilità ambientale e grande preveggenza energetica, aveva imposto un piccolo supplemento sulle tariffe elettriche per investirne il gettito nella promozione delle fonti rinnovabili.
Poiché quel gettito è stato poi investito correttamente, la Germania è non solo balzata all’avanguardia nel settore fonti rinnovabili, ma è in particolare diventata un leader mondiale nel fotovoltaico, quantunque goda di una radiazione solare media molto in-feriore a quella italiana (150.000 i posti di lavoro creati da allora nelle aziende fotovoltaiche tedesche, che esportano per diversi miliardi di dollari l’anno). Il 29 aprile 1992 il settimo governo Andreotti, ancorché in carica solo “per l’ordinaria amministrazione” perché in crisi, ha deciso che era urgente imitare quella norma tedesca e attraverso il Comitato Interministeriale Prezzi ha emanato il provvedimento n. 6. Col quale ha imposto un supplemento alle tariffe elettriche (di entità quasi doppia di quello tedesco), ma ha anche consentito che col suo gettito si sovvenzionassero, oltre alle fonti “rinnovabili” vere, altre cosiddette “assimilate”, fra cui sono stati ammessi gli scarti di raffineria petrolifera e i rifiuti. Per inciso, è (oggi, purtroppo) plausibile ipotizzare che quell’urgenza nascesse dal fatto che Tangentopoli era scoppiata da poco (17 febbraio 1992) e dal timore che, se Mario Chiesa era ancora “un mariuolo isolato”, non sarebbe rimasto “isolato” per molto.
Gli imprenditori protagonisti dell’accordo di cui sopra sono così riusciti a trasformare certi loro costi di smaltimento in cospicue entrate, a spese degli utenti elettrici italiani. Il cosiddetto “Affare Cip6”, è stato esaminato il 6 novembre 2003 dalla Commis-sione Attività Produttive della Camera, che ne ha stimato l’entità in 60.000 miliardi di Lire (30 mld di Euro – stima poi rivelatasi ottimistica, come vedremo) e il cui allora Presidente, Bruno Tabacci, lo ha definito “Una tassa occulta in favore dei petrolieri”.
Cosicché l’Italia, dove il gettito di quei soprapprezzi è stato gestito non correttamente (eufemismo), oggi produce si e no un settimo dei materiali fotovoltaici che gli occorrono, mentre il resto lo deve importare, a danno della bilancia dei pagamenti ed a pa-radossale sostegno di imprese e manodopera straniere (8,3 miliardi di euro usciti dal Paese a quel titolo nel solo 2010).
Un pessimo risultato al quale ha concorso l’ostruzionismo alla produzione privata di elettricità “pulita” che l’Enel ha esercitato, arrivando a fare “la cresta” sulle spese di allacciamento. La stessa disinvoltura del resto con la quale, nella pubblicità per l’esordio in Borsa di Enel Green Power, esso si è autodefinito “leader mondiale delle fonti rinnovabili” pur avendo realizzato davvero ben poco “di suo” in quel settore (le grandi centrali idroelettriche se le era trovate belle e pronte all’atto della nazionalizzazione).
Il “Cip6” ha avuto anche conseguenze oltreconfine. Esso ha infatti violato una direttiva comunitaria che esclude dalle fonti rinnovabili ciò che non è biodegradabile. Il governo furbetto dell’aprile 1992 lo aveva perciò emanato come atto amministrativo, perchè non ne venisse a conoscenza - non subito, almeno - l’Unione Europea, alla quale i Paesi membri devono notificare soltanto le nuove Leggi. Uno scopo raggiunto non per sempre, com’era prevedibile: l’UE lo ha saputo sì solo 11 anni dopo, ma su quel tema ci ha poi inflitto ben 4 procedure di infrazione ed una lettera di messa in mora.
Nessuna meraviglia, quindi, che la nostra “immagine” all’estero, e lo spread sui bund tedeschi, siano quelli che sono! Le aziende più beneficiate dalle sovvenzioni per fonti “assimilate” sono ogni anno all’incirca le stesse e la loro graduatoria 2010 è a pagina 59 (fig. 2,5) della relazione 2011 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas:
TOTALE UNITARIA
Edison (già FIAT, oggi EdF: cosicchè i cittadini italiani hanno dovuto sovvenzio-nare, in nome delle rinnovabili, un Gruppo non solo straniero, ma anche leader nel nucleare!) 33,3%, Saras (Moratti) 13,7%, ERG (Garrone) 10,5 % , BG Group 8,4%, Rosen 7,9%, API 7,0 %, E.On 6,1%, Cofely 4,7%, Elettra 3,7%, Termica Celano 3,0%, Altri operatori 1,6%.
Dalla stessa relazione risulta che “Nel 2010 i costi totali dei ritiri del GSE per l’energia CIP6 sono stimabili in 4,1 miliardi di euro, in prevalenza (circa il 70%) legati alla remunerazione dell’energia CIP6 prodotta da impianti assimilati”.
Sulle origini dell’ “affare Cip6”, e sui nomi coinvolti, fa praticamente testo il libro “Licenziare i padroni?” (Feltrinelli), uscito all’inizio del 2003 e scritto da Massimo Mucchetti, che oggi è Vicedirettore “ad personam” del Corriere della Sera e che nes-suno ha mai smentito e tanto meno querelato, quantunque egli vi avesse citato in chiaro sia il peccato che i “peccatori”, come in questo brano:
"Tra i primi a muoversi sono la Edison (Gruppo Montedison) e la Sondel (Gruppo Falk), l'Eni, i petrolieri privati, i Moratti e i Garrone in testa, ansiosi di trasformare un costo - lo smaltimento degli scarti di raffineria - in un ricavo, anzi in una rendita. Più tardi, entrano in partita anche gli ex presidenti della Confindustria Vittorio Merloni e Luigi Lucchini. Insomma, molti dei più grandi e dei più potenti fiutano l'affare".
Era intuitivo che l’apporto delle fonti rinnovabili, la cui “materia prima” è gratuita, avrebbe calmierato il prezzo dell’elettricità, tanto più di fronte a un forte rincaro delle fonti fossili, previsto e avvenuto. Lo ha ora confermato la solare fotovoltaica, le cui ore di maggiore produzione coincidono con quelle di maggiore richiesta e maggior costo dell’elettricità e i cui 12,4 GWp connessi a rete in Italia hanno già avuto nel 2011 percepibili effetti benefici sui prezzi della medesima. Si aggiunga che la generazione distribuita, realizzabile con le rinnovabili, riduce - talvolta anche a zero – quel circa 6% di perdite di trasmissione che sono inevitabili con la generazione centralizzata. Ovvio quindi che, mentre i singoli utenti e il Paese nel complesso ci guadagnano, a rimetterci nel fatturato siano i grandi Gruppi produttori, il cui principale in Italia (40% del mercato), è ancora lo statale Enel.
Che sia per questo o no, c’è sempre chi, in ambito statale, si sente in dovere di lanciare “allarmi” sui costi delle rinnovabili. L’anno scorso, il presidente dell’Autorità per l'Energia, Alessandro Ortis, e l’allora Ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani. Oggi è appunto il successore di Romani, Corrado Passera. Il quale ha detto “Sugli incentivi alle energie rinnovabili in passato si è speso troppo e male”, senza aggiungere un pur minimo accenno all'“affare Cip6” e così autorizzando il sospetto che egli ignori l’esistenza e gli effetti perversi di un atto firmato da un suo predecessore di poltrona: Guido Bodrato.
Per rispondergli esaurientemente bisognerebbe sapere con esattezza quanto abbia speso lo Stato, dal 1992 in poi, per sovvenzionare fonti energetiche “sporche” col gettito dei sovrapprezzi elettrici da esso imposti col pretesto del sostegno a quelle “pulite”. Ebbene, per carità di Patria voglio sperare che in qualche ufficio pubblico quel dato ci sia, ma esso non è accessibile - o a me non lo risulta, dopo molti tentativi – al comune contribuente, come sarebbe invece giusto, visto che è lui che paga.
INCISO: il 10 aprile scorso ho inviato all’ufficio stampa della GSE questo messaggio email “Come giornalista (iscritto all'Ordine di Torino), avrei bisogno di conoscere - ma non sono fin'ora riuscito a trovare - gli importi complessivi di sovvenzioni CIP 6 pagati dallo Stato, rispettivamente per fonti rinnovabili e per fonti assimilate, dal 29 aprile 1992 alla data più recente possibile; o almeno dal 2001 alla data più recente possibile, considerato che GSE è nata solo nel 2001.”, messaggio che però finora è rimasto senza risposta. Dai dati ufficiali invece disponibili, cioè quelli successivi al 2001, anno di fondazione della Gestione Servizi Elettrici, risulta che: le fonti rinnovabili, nel periodo 2001-2010 hanno prodotto 84.825.000 MWh le fonti “assimilate”, nel periodo 2001-2010 hanno prodotto 375.902.000 MWh.
E poiché qui: alla tavola 2.14 di pagina 15/51, risulta che, almeno nel 2009, la remunerazione unitaria delle fonti assimilate è stata di 99,65 €/MWh e che quella delle fonti rinnovabili è stata di 185,67 €/MWh, assumendo che all’incirca quelle siano state le remunerazioni unitarie in tutti i 10 anni – mentre quelle più vecchie erano probabilmente maggiori - si può prudenzialmente presumere che, fra il 2001 e il 2010:
le rinnovabili abbiano pesato per 84.825.000 x 185,67 = 15.749.457.750 € e le assimilate abbiano pesato per 375.902.000 x 99,65 = 37.458.634.300 € cioè 2,37 volte più delle rinnovabili.
Va notato inoltre che quei 37,458 miliardi di euro corrispondono, in lire, già a ben di più (74.900) dei 60.000 complessivi di “favore ai petrolieri” stimati dalla X^ Commissione della Camera nel 1996; e che ad ad essi vanno ancora aggiunti quelli erogati loro negli oltre 7 anni dal maggio 1992 al dicembre 2000, dei quali nulla si sa di ufficiale, ma che possono grosso modo essere stimati in (37,458 : 7,6) = 4,92, che portano ad oltre 42 miliardi di Euro (= 84.000 miliardi di Lire) l’entità complessiva di quel “favore”.
Concludo segnalando al Ministro Passera che il discorso sullo stato dell’Unione, tenuto da Barack Obama il 24 gennaio scorso, comprendeva queste frasi: “Sto chie-dendo al Congresso di abrogare i miliardi di dollari dei contribuenti che ora diamo alle compagnie petrolifere” …. “Così, invece di sovvenzionare le energie di ieri, li investiremo in quelle di domani” …. “Nel 2035, l’80 per cento dell’elettricità ame-ricana verrà da fonti di energia pulite”.