“AGRI-ENERGIA:” UN NUOVO PARADIGMA PER LE ENERGIE RINNOVABILI

 

Ugo Bardi

Dipartimento di Chimica, Università di Firenze

Polo Scientifico di Sesto Fiorentino,Via della Lastruccia 3, Sesto Fiorentino (Fi), Italy

ASPO (Association for the Study of Peak Oil), www.peakoil.net

Bardi@unifi.it

 

Questo documento è una versione modificata dell’articolo pubblicato nei proceedings della conferenza “Renewables 2004” Evora, Portogallo. Appare on line a www.aspoitalia.net

 

 

Riassunto: Per millenni, l'agricoltura è stata il motore economico e il fulcro stesso della civiltà. La situazione è radicalmente cambiata negli ultimi secoli che hanno portato gradualmente l’agricoltura a diventare un'appendice un po' arretrata del mondo industriale. I prodotti agricoli sono oggi criticamente dipendenti dai combustibili fossili e dall'energia che se ne ricava per tutta una serie di esigenze che includono fertilizzanti, trasporto, refrigerazione, eccetera. Tuttavia, con i recenti aumenti dei prezzi dei combustibili e con le preoccupazioni crescenti riguardo alla loro disponibilità a lungo termine, si pone il problema di come gestire le necessità di energia del mondo agricolo mantenendo l'attuale produzione e il concetto stesso di mondo rurale. Si pone, ovvero, sempre di più la questione "sostenibilità."

 Una possibile risposta è già stata data con il concetto di "agricoltura biologica" Tuttavia, sono possibili anche altre strategie complementari per sostenere l’agricoltura che si basano sulle energie rinnovabili. Le energie rinnovabili possono fornire energia per le attività agricole e, allo stesso tempo essere considerate un prodotto agricolo esse stesse, fornendo reddito per il mondo rurale. In questo senso, la produzione di energia elettrica da aree agricole rappresenta una nuova forma di agricoltura ("agri-energia") che si inserisce comunque nel concetto storico generale di "agricoltura" in termini socioeconomici, ovvero la produzione di beni economici su aree rurali che vengono poi esportati nelle città.

Il presente articolo espone il concetto di "agri-energia," ovvero la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico o altro) su terreni agricoli,



1.    INTRODUZIONE

 

Per millenni, l’economia umana è stata basata quasi esclusivamente sulle risorse agricole. Le cose sono radicalmente cambiate negli ultimi due secoli, circa, quando il fulcro dell’economia si è spostato su un altro tipo di risorse: i combustibili fossili; prima il carbone e poi il petrolio e il gas naturale. La differenza fra un economia basata sull’agricoltura e un economia basata su risorse minerarie non è tanto una questione tecnologica quanto economica.

E’ noto che la curva di produzione di una risorsa minerale non riciclabile ha una forma “a campana,” [1-5] ovvero comincia con una fase di espansione, passa attraverso un picco (detto, a volte, “picco di Hubbert”) e poi declina fino a raggiungere zero. Questo comportamento è dovuto alla combinazione di fattori tecnologici e economici. In particolare, il graduale esaurimento delle risorse “facili” costringe gli operatori a investimenti sempre crescenti per accedere a risorse sempre più costose. A lungo andare, gli investimenti non sono più sostenibili e la produzione crolla.

In contrasto, l’andamento della produzione agricola ha, almeno in principio, la forma di una “s”. Ovvero, la produzione è basata sull’energia solare che non è esauribile e pertanto si stabilizza su un valore costante una volta che tutta la superficie disponibile è stata sfruttata. L’energia solare non è la sola risorsa necessaria per l’agricoltura; sono necessari anche humus e acqua. Queste due risorse sono anch’esse, in linea di principio, rinnovabile, ma a lungo andare possono risutare un fattore limitante quando sono usate male (6,7). Tuttavia, è perlomeno una possibilità fisica per le società agricole il raggiungere uno stato stabile.

La figura seguente illustra le differenti caratteristiche dei due tipi di curve di produzione:

 

     

 Nel breve termine, l’apparente abbondanza della produzione mineraria fa si che questa appaia preferibile all’approccio agricolo. A lungo andare, tuttavia, la ricchezza che deriva dalle risorse minerarie si rivela effimera. Molto dell’attuale dibattito sull’esaurimento dei combustibili fossili è centrato sulla data esatta del picco di produzione, che alcuni vedono entro il primo decennio del ventunesimo secolo (1-4) mentre altri lo postpongono a qualche decennio più tardi. Ma qualche decennio più o meno non fa grande differenza, come illustrato nella figura seguente illustra. Il picco per i combustibili fossili è diagrammato in scala nella figura secondo le proiezioni dell’associazione ASPO (www.peakoil.net)

 

 

Una soluzione spesso proposta per rimediare all’esaurimento dei combustibili fossili consiste nel sostituirle con altri combustibili fossili o comunque con altre risorse minerarie. Questo equivale a saltare da una curva a campana all’altra, sempre sperando che la nostra ingegnosità accoppiata con una buone dose di fortuna ci faccia trovare una nuova risorsa al momento giusto. Questo è stato possibile diverse volte nel passato, ma non è detto che sia sempre possibile. Esistono, è vero, delle risorse minerarie talmente abbondanti (p. es. la fusione dell’idrogeno) da poterle considerare infinite in pratica in confronto alle necessità prevedibili degli esseri umani, ma non è detto che la fusione nucleare si riveli tecnicamente e, soprattutto, economicamente possibile entro i tempi previsti per l’esaurimento dei combustibili fossili.

In questo lavoro, esamineremo un approccio diverso al problema, ovvero la possibilità di sostituire le risorse minerali con risorse di tipo agricolo. Esamineremo come sia possibile abbandonare la curva a campana dei combustibili fossili per rimpiazzarli con la produzione costante di risorse energetiche dall’agricoltura. Questo approccio viene chiamato qui “agri-energia.”

Secondo questo concetto, l’energia, e in particolare l’energia elettrica da fonti rinnovabili, viene considerata come un prodotto agricolo del tutto equivalente ai tradizionali prodotti agricoli: fibre, derrate e simili. In questa visione, l’infrastruttura esistente per il trasporto di energia elettrica dalle centrali nelle città alle zone agricole viene utilizzata per trasportare nelle città l’energia elettrica prodotta nelle zone agricole. E’ una concezione che, in termini economici, ricalca quello che l’agricoltura ha fatto nei passati millenni: ovvero trasportare e vendere i prodotti agricoli nelle città. Inoltre, l’agricoltura che produce energia elettrica non richiede irrigazione ne fertilizzanti, non produce erosione o salinizzazione del terreno e perciò può essere utilizzata in aree marginali o inutilizzabili per l’agricoltura tradizionale.

Oltre a essere un supporto per l’agricoltura, questa strategia fornisce una logica economica agli impianti di energia rinnovabile che fino ad ora è mancata. Le rinnovabili sono state proposte come soluzioni per regioni remote o isolate, dove possono competere in termini di costi con i fossili, oppure come impianti su larga scala da collocarsi nei deserti equatoriali. Tuttavia, l’idea delle rinnovabili per aree isolate mostra forti limiti e i grandi impianti nei deserti non si concretizzano a causa degli enormi investimenti necessari. Inserendo la produzione di energia rinnovabile nell’ambito dell’agricoltura – come è già stato fatto in Danimarca e in Germania – otteniamo invece la possibilità di dare inizio a uno sviluppo che parte su piccola scala ma che ha un enorme potenzialità di espandersi fino a livelli significativi per la sostituzione delle energie fossili.

 

Ovviamente, la possibilità di utilizzare l’energia rinnovabile su grande scala in terreni agricoli dipende alcuni fattori critici, in particolare:

 

1. Uso del territorio: E’ possibile produrre abbastanza energia sui terreni agricoli senza competere con l’agricoltura tradizionale per il terreno da usarsi per la produzione alimentare?

2. Costo: Anche se considerata come un prodotto agricolo, l’energia elettrica da rinnovabili non risulterebbe comunque troppo costosa?

3. Opinione pubblica. E’ possibile che l’opinione pubblica accetti di destinare frazioni relativamente ampie di terreno agricolo per impianti per l’energia rinnovabile?

 

Vedremo nel seguito che la risposta a queste tre domande è, in principio, positiva e che il concetto di “agri-energia” ha un enorme potenziale sia per il sostegno all’agricoltura e al mondo rurale, sia per l’introduzione delle energie rinnovabili nel mondo.

 

2.    Uso del territorio

 

L’agricoltura è un esempio di tecnologia “solare diretta” nel senso che utlizza direttamente il flusso di energia solare che arriva sulla superficie terrestre. La biomassa prodotta dall’agricoltura può essere vista come una forma di energia che può essere utilizzata per sostenere il metabolismo umano oppure bruciata per fornire calore, trazione e energia elettrica. Altri metodi diretti recentemente sviluppati per trasformare l’energia solare in energia utilizzabile (in questo caso, energia elettrica) sono le celle fotovoltaiche e gli impianti solari a concentrazione (detti anche di tipo “solare termodinamico”). Esistono anche metodi che possiamo definire come “indiretti”, ovvero tutti quei metodi che sfruttano l’effetto di riscaldamento dell’energia solare sull’atmosfera o sugli oceani; fra questi l’energia eolica, idraulica e tutti i metodi basati sul moto ondoso o sulle correnti marine. Esistono anche tecnologie considerate rinnovabili che non sono basate sull’energia solare, per esempio l’energia geotermica o delle maree. Questi metodi potranno dare un importante contributo energetico nel futuro, ma non saranno considerati in questa sede.

Le necessità energetiche del genere umano nel futuro dipenderanno da fattori quali la popolazione e lo stile di vita. Qui non ci addentriamo nelle proiezioni di quello che potrebbe essere l’andamento della curva della popolazione umana nell’arco dei prossimi decenni. Ci limitiamo a notare che la maggioranza delle proiezioni indicano che l’ esplosione della popolazione osservata negli ultimi decenni potrebbe arrestarsi verso la metà del secolo ventunesimo su livelli non drammaticamente superiori a quelli attuali. La condizione di stabilizzazione della popolazione è essenziale per qualsiasi tentativo di sviluppare scenari che non finiscano in una tragedia planetaria. Questi dati sulla popolazione, per quanto incerti, indicano che la stabilizzazione potrebbe avvenire senza la necessità di interventi drastici oppure di guerre e di epidemie (senza peraltro escludere eventi del genere).

Possiamo dunque considerare la produzione attuale di energia come un “ordine di grandezza” ragionevole per una stima delle future necessità energetiche. Il parametro di produzione da considerare è quello denominato “Consumo totale finale” (TFC) che è, al momento attuale, 8.4x107 GWh/anno (20). Questo valore non include la richesta metabolica umana, che è comunque inferiore di oltre un fattore 10: 5x106 GWh/anno (21). La frazione del TFC in forma di energia elettrica è circa 1x107 GWh/anno. Gli stati che fanno parte dell’organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (OCSE) utilizzano il 53.5% dell’energia totale prodotta (20) con una popolazione che rappresenta il 17% del totale mondiale.

La quantità di energia solare che raggiunge la terra è di 1x1012 GWh/anno (16), un valore oltre 10.000 volte superiore al valore attuale del TFC. La frazione di questa energia che raggiunge la superficie continentale è circa 3x1011 GWh/anno. In aggiunta a questi valori, possiamo stimare l’energia del vento generata dall’irradiazione solare come circa il 2% dell’energia solare totale che arriva sulla terra, vale a dire circa 2x1010 GWh/anno (16). L’energia associata con il movimento globale delle acque sul pianeta è molto difficile da stimare ma è comunque un ammontare molto grande in confronto al TFC umano.

Questi dati sono elencati nella tavola seguente, insieme con altri due dati per comparazione: l’ammontare totale di biomassa prodotto ogni anno sul pianeta, circa 2x1011 tonnellate/anno, o 1x109 GWh/anno (21) e la richiesta metabolica umana totale (21).

 

Tav. 1

 

Tipo di Energia

 

GWh/anno

Richesta metabolica umana totale

5x106

Potenza elettrica mondiale generata

1x107

Totale consumo finale di energia (TFC)

8x107

Ammontare totale di biomassa prodotta

1x109

Energia solare che arriva sulla superficie emersa

2x1011

Energia solare che arriva sulla superficie totale

1x1012

 

 

La quantità di energia solare che arriva sulla terra è, evidentemente, molto abbondante rispetto alle necessità umane. La questione è se è possibile sfruttarla. La maggior parte delle tecnologie rinnovabili (fotovoltaico e energia eolica) trasformano l’energia solare in energia elettrica e pertanto possono essere utilizzate direttamente per rimpiazzare l’energia elettrica prodotta oggi in gran parte dai combustibili fossili. In generale, le rinnovabili possono anche essere utilizzate per produrre tutti gli altri tipi di energia in uso (trazione e calore), anche se la produzione di combustibile per la trazione non può essere ottenuta direttamente a partire da energia elettrica. Questa produzione richiederà o di partire dalla biomassa oppure utilizzare l’idrogeno, quest’ultima non ancora disponibile a livello commerciale. Nella pratica, per comparare i vari tipi di energia si può semplicemente assume che tutta l’energia prodotta sarà in forma di energia elettrica oppure che la si possa trasformare in energia elettrica (vedi per es ref. 15).

A partire da queste considerazioni, è possibile calcolare la frazione di area necessaria per generare energia mediante tecnologie rinnovabili. La radiazione solare in aree popolate del pianeta va da un minimo di ca. 900 kWh/m2/anno (p. Es. Europa del Nordi) fino a valori dell’rodine di 2200 kWh/m2/anno nelle regioni subtropicali. Un valore medio approssimato si può prendere come circa 1500 kWh/m2/anno, oppure 1200 kWh/m2/anno per le regioni OCSE.

I pannelli fotovoltaici commerciali hanno oggi un efficienza normalmente superiore al 10%. Sistemi sperimentali e sistemi a concentrazione hanno efficienze anche molto migliori. L’efficienza con la quale questi sistemi producono energia per l’utente finale con un’efficienza intorno al 5%-10%. In latitudini di media irradiazione (1200 kWh/m2/anno) l’utente finale può ricevere circa 60-120kWh/m2/anno. Come ordine di grandezza, il valore medio di 100 kWh/m2/anno si può considerare come ragionevole.

Nel caso delle tecnologie indirette, non si pò parlare di uso di area come nel caso del fotovoltaico. Le turbine eoliche devono essere distribuite a una certa distanza l’una dall’altra, ma la maggior parte del terreno occupato rimane disponibile per l’agricoltura. L’ “impronta” di una turbina eolica, ovvero l’area fisicamente occupata può essere stimata come circa un fattore circa 100 volte minore di quella utilizzata da pannelli fotovoltaici della stessa potenza.

Infine, la biomassa è relativamente inefficiente come tecnologia di conversione della radiazione solare. Il limite superiore dell’efficienza della fotosintesi è stimato come 6% da Tiezzi (21) e come 4.5% da Patzek (22). Nella pratica, l’efficienza di conversione delle piante è molto minore. Dai dati della tabella 1 si può calcolare che l’ “efficienza planetaria” della conversione è circa 0.1%. In certi casi, come per esempio per le foreste tropicali, alcuni studi riportano efficienze superiori all’1% (23) ma le coltivazioni umane hanno valori molto minori e spesso hanno bisogno di considerevoli apporti di energia fossile nella forma di fertilizzanti. Tenendo presente che l’energia solare trasformata in biomassa deve essere ulteriormente trasformata in energia elettrica per mezzo di una macchina termica, l’efficienza globale si può prendere come circa lo 0.1%.

Un ulteriore elemento da considerare è il “ritorno energetico” (Energy Payback Ratio, EPR) di una tecnologia rinnovabile, ovvero il rapporto fra la quantità di energia prodotta dall’impianto durante la sua vita utilie e la quantità necessaria per costruirlo e manutenzionarlo. L’argomento è complesso e non verrà affrontato qui indettaglio, basti dire che secondo i dati di letteratura (25-28) tutte le tecnologie rinnovabili hanno valori abbondantemente positivi del parametro EPR con l’eccezione di certi tipi di biomasse (p. Es. Etanolo, ref. 29) per i quali il valore, anche se positivo, è troppo basso per poter considerare la produzione conveniente dal punto di vista energetico.

L’ultimo parametro importante da considerare è la necessità di immagazzinare l’energia prodotta dagli impianti rinnovabili, che è spesso intermittente e difficilmente prevedibile. Al momento attuale, l’energia prodotta viene accomodata dalla rete di produzione generale che, secondo l’esperienza danese, riesce a gestirla fino a valori del 20% o anche superiori. Tuttavia, per una diffusione su larga scala delle rinnovabili, sarà necessario utilizzare tecnologie di immagazzinamento. Esistono molti metodi di questo tipo, la maggior parte ancora allo stadio di ricerca e sviluppo. Per gli scopi della presente discussione, non è necessario entrare nei dettagli di questo soggetto dato che questi impianti non richiederanno comunque vaste aree.

 

Sulla base di questi dati, è possibile stimare l’area necessaria per i vari tipi di tecnologie per produrre un certo ammontare di energia.

 

 

Tecnologia

 

Efficienza di conversione (rapporto fra energia solare incidente e energia elettrica prodotta)

 

Energia prodotta per area fisicamente occupata per un’irradiazione solare di 1200 kWh/m2/anno (kWh/m2/year)

Biomassa

 ~ 0.1%

~1

Solare diretto (fortovoltaico)

5%-10%

~ 100

Solare indiretto (eolico)

 

n.a.

~ 10000 (solo in aree adatte)

 

 

I valori ottenuti possono essere utilizzati per stimare l’area necessaria per generare quantità di energia comparabili all’uso attuale.  Secondo i dati disponibili (17, 18 e 29), l’area utilizzata per l’agricoltura sul pianeta e di circa 50 milioni di Km2. A partire da questo dato possiamo stimare quale frazione di questo territorio sarebbe necessaria per produrre 1) il valore attuale dell’energia elettrica prodotta e 2) il valore totale dell’energia consumata (TFC).

 

 

Tab 5

 

 

Area necessaria, percentuale del totale utilizzato per la produzione alimentare (50x106 Km2 )

Tecnologia

Obbiettivo 1

Energia equivalente all’attuale produzione mondiale di energia elettrica (1x107 GWh/year)

Obbiettivo 2

Energia equivalente all’attuale TFC mondiale (8x107 GWh/year)

BIOMASSA

 

21%

>100%

SOLARE DIRETTO (Fotovoltaico o altro

 

0.2%

1.5%

SOLARE INDIRETTO (eolico o altro)

 

0.003%

0.03%

 

 

 

Questi valori sono, evidentemente, solo degli ordini di grandezza, ma indicano comunque come la frazione di territorio necessaria per generare queste grandi quantità di energia sia nel complesso molto piccola rispetto all’uso del territorio per la produzione alimentare. Questo risultato è in accordo con altre stime riportate nella letteratura (e.g. 8-16). L’impatto dell’energia rinnovabile su larga scala sarebbe dunque molto inferiore a quello, per esempio, della degradazione del suolo causata dall’agricoltura intensiva e probabilemente anche inferiore alla frazione di area utilizzata oggi per strutture permanenti (30, 31). Si può notare anche come l’energia rinnovabile potrebbe produrre molto di più dell’attuale produzione da fossili senza peraltro richiedere frazioni di area tali da danneggiare la produzione alimentare.

 

3.    Costi

 

Stime dei costi dell’energia che un impianto da costruirsi potrà produrre sono comuni nella letteratura (p.es. refs. 8, 10). La procedura usata in queste stime consiste nel partire dalla vita totale stimata dell’impianto e tener conto 1) dei costi di costruzione e di manutenzione, 2) del costo del capitale impiegato e 3) (quando il caso) del costo del combustibile. Spesso, questo calcolo viene utilizzato per determinare un “tempo di ritorno economico” che è il tempo necessario per l’impianto per produrre un reddito pari al capitale investito. Al di là di questo tempo, l’impianto comincerà a produrre profitti. Secondo questi calcoli, gli impianti tradizionali a combustibili fossili producono normalmente dei ritorni economici più rapidi di quelli rinnovabili e –  pertanto – sono ritenuti preferibili.

Nella pratica, questo tipo di valutazione può rivelarsi completamente sbagliato, specialmente a lungo termine. Per ottenere il tempo di ritorno economico, bisogna fare due assunzioni su come certe quantià varieranno nel futuro: una è a proposito dei tassi di sconto e del tasso di  inflazione, l’altra è a proposito dei prezzi dei combustibili fossili. In entrambi i casi, siamo di fronte a enormi incertezze, specialmente per tempi che si stimano come dell’ordine dei 20-30 anni e anche superiori. I tassi di sconto e di inflazione hanno enormemente oscillato negli ultimi decenni. Mancano modelli realistici per stimare come i prezzi dei fossili potrebbero variare in funzione del progressivo esaurimento, ma ben pochi scommetterebbero sulla loro diminuzione!

Nella pratica, non possiamo sapere che cosa succederà ai mercati finanziari e ai prezzi delle risorse fra venti-trent’anni quindi tutti questi conti hanno un valore predittivo poco superiore a quello che si potrebbe ottenere leggendo il futuro nei fondi del caffè o per mezzo dell’oroscopo del Barbanera. Viceversa, possiamo ottenere dei dati utili esaminando il ritorno dell’impianto in termini energetici, piuttosto che monetari. L’energia è una grandezza fisica ed è (per fortuna) indipendente dalle follie dei mercati. Secondo tutti i dati disponibili, lungo il tempo di vita di un impianto rinnovabile si otterrà un ritorno energetico positivo in tempi che vanno dai 2-3 anni (eolico) ai 5-10 anni (fotovoltaico) (15, 25-28). Dato che l’energia ha un valore economico, possiamo concludere che il ritorno economico dell’impianto non potrà altro che essere positivo a lungo termine. Quindi, le energie rinnovabili producono sempre un ritorno positivo del capitale investito. In aggiunta, si tratta di un ritorno sicuro: l’energia è la risorsa di base della società e si può sostenere con buona certezza che il mercato dell’energia offrirà sempre buoni ritorni economici.

Dato questo fatto, il problema diventa come attirare le risorse finanziarie necessarie per le energie rinnovabili. Nel mercato finanziario, le attività sulle quali è possibile investire sono molto diversificate, come è ovvio che sia in qualsiasi mercato. Alcuni investimenti sono rischiosi e a breve termine, altri sono più sicuri e a lungo termine. L’investimento nell’energia rinnovabile si posiziona chiaramente come un investimento sicuro che da redditi a lungo termine. La preferenza per investimenti sicuri, seppure a lungo termine, è tipica del mondo agricolo. L’agricoltura non ha mai generato i rapidi ritorni economici che sono tipici – per esempio – dell’industria dei semiconduttori; tuttavia è anche chiaro che non possiamo mangiare il silicio. Il punto di vista agricolo e quello industriale sono, in effetti, diversi nelle loro premesse di fondo. Nel paradigma industriale, il capitale è fornito da investitori che si chiedono “come posso massimizzare la resa del capitale che posseggo?” L’agricoltore si chiede, invece, “Come posso massimizzare la resa della terra che posseggo?” Una volta che uno si pone questa domanda, la risposta è ovvia: la resa di un terreno si massimizza producendoci sopra dei prodotti. Puo’ essere grano, vino o legname: quello che gli agricoltori hanno fatto nei millenni del passato. L’idea di produrre energia elettrica  sul terreno (agri-energia) aggiunge semplicemente un ulteriore elemento di resa al terreno. Dunque, c’è una logica nell’investire nella produzione di “energia agricola”. E’ un investimento più lento, ma nettamente più sicuro di qualsiasi investimento in borsa o nel mercato dei futures.

Per il momento, non sembra che gli investitori abbiamo capito qual’è il vero potenziale del concetto di agri-energia. Molto di quello che si legge sulle varie riviste economiche e finanziarie (p. Es. 32) sembra considerare l’energia rinnovabile come un giocattolo per hippy degli anni ’70. A questo ha contribuito una certa ideologia che è stata appiccicata al concetto di energia rinnovabile, che viene spesso definita come “soft” (morbida) in contrasto con l’energia prodotta dai combustibili fossili che in qualche modo sarebbe “hard” (dura). Non è chiaro come l’utente possa sapere se l’energia elettrica che usa per il televisore o per la lavatrice sia da considerarsi “dura” o “morbida”; in ogni caso questo tipo di ragionamenti non sembrano avere molto successo con gli investitori istituzionali che pensano in termini di ritorni finanziari piuttosto che in termini di auto-realizzazione olistica.

Sembrerebbe, dunque, che l’energia rinnovabile sia stata posizionata in modo completamente sbagliato come prodotto sul quale investire. Su questo punto, il concetto di agri-energia può essere estremamente utile per riposizionare il concetto nel quadro di un’attività economica, l’agricoltura, che è nota per essere solida, affidable e efficace a lungo termine. Abbondanti risorse finanziarie potrebbero essere messe a disposizione per questo concetto una volta che diventasse noto e accettato da tutti. Queste risorse potrebbero arrivare sia dai capitali attualmente investiti in altre risorse, oppure da fondi attualmente diretti al sostegno dell’agricoltura convenzionale. Per esempio, i fondi per il programma di “Sviluppo Rurale” dell’Unione Europea nel periodo 2000-2006 ammontano a circa 50 miliardi di Euro. Di questi fondi, niente è previsto per la produzione di energia rinnovabile nel mondo rurale. Il documento che descrive il programma (33) non contiene neanche la parola “energia”; nonostante il fatto che nel documento ci sia una figura che mostra mulini a vento dell’ ‘800. Anche qui, il concetto che l’agricoltura tradizionale e il mondo rurale potrebbero trovare una sorgente di supporto mediante le energie rinnovabili potrebbe aprire canali di finanziamento finora non utilizzati per questo tipo di energie.

 

4.     Opinione pubblica

 

In generale, sembrebbe che l’opinione pubblica sia quasi sempre favorevole al concetto di energia rinnovabile in termini generali (vedi per esempio il sondaggio di opiione riportato in 36). Tuttavia, quando si tratta di portare l’idea nella pratica e mettersi a costruire degli impianti, le cose possono cambiare radicalmente. Negli ultimi tempi, si è visto prendere forma un nettissimo movimento di opinione contro le energie rinnovabili. L’energia eolica viene opposta come visualmente “devastante” e viene accusata di fare strage di uccelli (vedi p.es.37). Gli impianti mini-idro sono accusati di uccidere i pesci (8) e il fotovoltaico di usare troppo spazio (p. Es. 39)

Sostanzialmente, questi atteggiamenti negativi si possono ridurre a due percezioni di fondo:

 

1. Le energie rinnovabili sono percepite come poco efficienti, ovvero non sono considerate come delle sorgenti di energia serie. Questo concetto porta all’opinione correlata che le risorse disponiili sarebbero spese meglio in misure per la conservazione energetica

2. Le energie rinnovabili sono viste come inquinanti, non nello stesso senso dei combustibili fossili, ma comunque inquinanti in termini visuali, di rumore, di danni all’ambiente, eccetera.

 

Queste due opinioni sono strettamente correlate fra loro. Certamente, il pubblico sarebbe molto più disposto ad accettare il rumore e la vista degli impianti rinnovabili se fosse veramente convinto che sono una seria alternativa ai combustibili fossili. Su questo punto, evidentemente la divulgazione del concetto è stata ancora insufficiente e l’ideologia “new age” associata alle rinnovabili le ha evidentemente danneggiate in termini di immagine. Inoltre, l’emergenza di atteggiamenti negativi riguardo alle rinnovabili è spesso correlata a errori di tipo politico. Le comunità locali spesso si sentono invase dai produttori con le loro gigantesche torri eoliche. La gente ritiene, spesso correttamente, che il valore delle loro proprietà verrà ridotto dalla presenza nelle vicinanze di grandi e visibili impianti energetici.

Qui, il paradigma dell’ “agri-energia” può avere un effetto positivo nel cambiare i termini del problema. Se l’energia rinnovabile è vista come un tipo di agricoltura, le torri eoliche e i pannelli fotovoltaici cessano di essere visti come giocattoli per hippy o macchine ammazza-uccelli, ma parte di un’attività economica ben nota e considerata positivamente. In particolare, l’impatto visuale dell’energia rinnovabile viene a essere molto ridotta se considerata in termini relativi all’impatto visuale dell’agricoltura stessa.

 

5.    Conclusioni e prospettive.

 

Il paradigma “agri-energetico” qui presentato è parte di una visione ben nota e accettata dell’agricoltura. E’ un concetto che va oltre la comune proposte che le rinnovabili dovrebbero trovare il loro sbocco iniziale in zone isolate o nei deserti equatoriali. Si tratta, viceversa, di operare secondo il modello agricolo tradizionale che vuole che i beni prodotti sui terreni agricoli vengano trasportati e venduti nelle città. Nel caso dell’ “agri-energia” il prodotto è energia elettrica da trasportarsi mediante la griglia esistente.

Secondo queste linee, l’energia rinnovabile è in grado di svilupparsi a velocità impressionante. Durante il decennio 1990-2000 la produzione di energia eolica nei paesi OCSE è aumentata al tasso medio del 22.4% all’anno, mentre quella da fotovoltaico del 28.9% (8, 35). Secondo i dati BP (34) la crescita dell’energia eolica a livello mondiale è stata del 29% dal 2001 al 2002, con la frazione di energia elettrica prodotta globalmente che è aumentata di quatro volte dal 1996 al 2002, per raggiungere il valore dello 0.4% del totale. In confronti, il tasso di crescita più alto osservato per la produzione di petrolio greggio è stato del 7% annuo dal 1930 al 1970 (1).

A un tasso di crescita del 20% annuo, partendo dallo 0.5% del totale, in 30 anni le rinnovabili potrebbero arrivare a produrre energia equivalente all’ammontare prodotto oggi dai combustibili fossili. Questa è, ovviamente, solo una stima di ordine di grandezza, ma mostra come le rinnovabili hanno il potenziale di rimpiazzare i combustibili fossili in tempi comparabili ai tempi stimati per il loro esaurimento. Non solo, ma hanno anche il potenziale di fornire un sostegno al mondo rurale che è oggi assolutamente necessario per mantenere in vita una tradizione e una cultura che tende a sparire.

 

 

 

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