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La Gazzetta del Mezzogiorno, 16 marzo 2004

 

 

Ricordo di Aurelio Peccei (1908-1984)

 

 

Giorgio  Nebbia <nebbia@quipo.it>

 

 

Il nome di Aurelio Peccei (1908-1984), morto venti anni fa, dice poco o niente alla maggior parte degli italiani, ma nel 1972 fu associato ad una delle più interessanti e provocatorie operazioni culturali. Peccei era stato manager della Fiat, aveva partecipato alla Resistenza, era stato imprenditore in Italia e all'estero; dal suo osservatorio privilegiato degli eventi internazionali comprese, negli anni sessanta del Novecento, che erano in corso mutamenti planetari che avrebbero dovuto essere affrontati con nuova attenzione e coraggio.

 

Erano gli anni delle continue esplosioni delle bombe atomiche americane e sovietiche, del rapido aumento della popolazione mondiale, dell'altrettanto rapido aumento dello sfruttamento del suolo, delle acque, delle risorse petrolifere, con i conseguenti effetti negativi: inquinamento, erosione del terreno, siccità, epidemie, conflitti. Erano gli anni in cui milioni di abitanti dei paesi sottosviluppati ex-coloniali, dopo aver conquistato l'indipendenza, reclamavano nuovi diritti e migliori condizioni di vita.

 

Nel 1968 Aurelio Peccei riunì alcuni studiosi di passaggio da Roma e insieme decisero che  il  "destino dell'umanità" doveva essere analizzato scientificamente, che le generazioni future dovevano essere avvisate di quello che stava per succedere, dovevano essere messe in guardia sui mutamenti e sui possibili pericoli planetari. I due concetti --- "attenzione e educazione al futuro" e "visione del destino dell'umanità" --- hanno guidato da allora tutta l'opera e la vita  stessa di Peccei. Il gruppo di persone riunite da Peccei si costituì come "Club di Roma" e decise di investire dei soldi per uno studio sul futuro dell'umanità.

 

Per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sui problemi del fuituro occorreva scrivere un libro che spiegasse, in forma piana e convincente e provocatoria, che cosa ci si sarebbe potuti aspettare all'inizio del ventunesimo secolo. Mediante modelli matematici e l'uso di (allora, nel 1970) potenti calcolatori elettronici, alcuni studiosi, per conto del Club di Roma, analizzarono che cosa avrebbe potuto succedere se alcuni fenomeni fossero aumentati con certe tendenze.

 

Per esempio: se la popolazione mondiale aumenta, aumenta, e in proporzione maggiore, la richiesta di cibo, di automobili, di acqua, di cemento, di petrolio, di carta. Ma l'aumento della produzione agricola e industriale fa aumentare in forma più che proporzionale l'inquinamento ambientale e provoca l'impoverimento delle riserve di minerali, petrolio, acqua, suolo fertile, foreste. Potrà arrivare un tempo in cui le fonti di energia cominceranno a scarseggiare e il suolo coltivabile darà minori raccolti e la disponibilità di cibo e di energia comincerà a diminuire: gli abitanti della Terra, allora, dovranno affrontare guerre e carestie e epidemie, per evitare le quali si sarebbe dovuto pensare di porre dei "limiti alla crescita" della produzione e dei consumi.

 

Con questo titolo il Club di Roma propose, in un famoso libro del 1972, le sue conclusioni all'attenzione mondiale sollevando una tempesta. Chi osava parlare di "limiti", quando l'economia impone un proceso continuo di "crescita" di merci, di macchine, di denaro ? Peccei aveva spiegato bene che lo sviluppo --- l'aumento della dignità, della libertà, della conoscenza, la sconfitta della povertà e della sete --- poteva essere realizzato soltanto attraverso una operazione di solidarietà internazionale e di revisione dei modelli di consumi e sprechi da parte del mondo industrializzato; solo così sarebbe stato possibile assicurare una adeguata quantità di beni materiali ai tre quarti della popolazione mondiale ancora afflitta da carestie e guerre. La maggior parte degli economisti, degli uomini politici, degli uomini di affari ridicolizzarono le tesi di Peccei. Gli attacchi e l'ironia amareggiarono Peccei finché visse, ma oggi, a più di trent'anni di distanza, molti numeri sembrano dargli ragione.

 

La popolazione terrestre nel 1970 era di 3,7 miliardi di persone; oggi nel 2004 è di 6,3 miliardi, ma la produzione di cereali, nello stesso periodo è aumentata soltanto da 1,4 a 1,8 miliardi di tonnellate all'anno; la produzione annua di energia dal 1970 ad oggi è passata da 5 a 10 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio a spese di molti giacimenti di idrocarburi ora esauriti, tanto che per conquistare quelli restanti si combattono feroci guerre senza fine. Il crescente inquinamento atmosferico provoca irrefrenabili mutamenti climatici. Che sia il caso almeno di rileggere quello che aveva scritto Peccei ?