I Certificati Verdi e l’eolico in Italia

 

Di Domenico Coiante – Amici della Terra

Pubblicato su www.aspoitalia.net 27 febbraio 2005

 

 

 

Il meccanismo d’incentivazione dei Certificati Verdi per le fonti rinnovabili

 

Nell’art.11 del decreto legislativo n.79 del 1999, detto anche “decreto Bersani”, che recepisce la direttiva 96/92/CE sulla liberalizzazione del mercato dell’energia, viene fissato l’obbligo per i produttori di energia elettrica a produrre il 2% di elettricità con Impianti Alimentati da Fonti Rinnovabili (IAFR). Il successivo decreto ministeriale del MICA dell’11/11/1999 definisce ufficialmente che cosa s’intende per impianti IAFR, (cioè quelli la cui produzione è da ritenere valida ai fini della quota del 2%). Vengono qualificati come IAFR tutti gli impianti a fonti rinnovabili di nuova costruzione, quelli già in funzione che vengono ripotenziati, quelli idroelettrici obsoleti che vengono rifatti o riattivati. La qualificazione IAFR è certificata dal Gestore della Rete di Distribuzione Nazionale (GRTN) e riguarda gli impianti costruiti dopo l’1/4/1999.

 

L’energia elettrica prodotta annualmente con impianti IAFR gode del diritto di avere la priorità di dispacciamento in tempo reale nell’immissione in rete. Essa è raggruppata in pacchetti  dal contenuto unitario di 100 MWh. A ciascun pacchetto viene abbinato un titolo, detto Certificato Verde (CV), che testimonia l’origine dell’energia da un impianto IAFR. Tale abbinamento è consentito per i primi otto anni di produzione dell’impianto. I CV hanno validità annuale, vengono emessi dal GRTN su richiesta dei produttori e debbono accompagnare la fornitura di energia elettrica al GRTN da parte degli stessi. In questo modo si garantisce il rispetto della quota del 2% nel flusso di energia elettrica immesso nel sistema di dispacciamento nazionale. I CV sono messi a disposizione degli acquirenti come titoli e scambiati su un apposito mercato di Borsa, gestito dal GRTN. Una modifica della normativa contenuta nello stralcio del cosiddetto “Decreto Marzano”, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, introduce il concetto della “bancabilità” dei CV. La validità dei CV, non venduti entro l’anno, viene estesa agli anni successivi a copertura delle future esigenze del mercato. Il produttore di elettricità da IAFR può decidere di non porre in vendita i CV nel corso dell’anno di produzione, ma può porli in banca nella previsione di negoziarli negli anni successivi a condizioni migliori.

 

I produttori che non possano, o non vogliano, produrre in proprio elettricità con impianti IAFR, o che non riescano a raggiungere la quota del 2%, potranno acquistare i necessari CV dai gestori di impianti IAFR, o mediante accordi diretti, o rivolgendosi alla Borsa dei CV.

 

Il valore di partenza dei CV viene fissato anno per anno dal GRTN in base al prezzo di scambio realizzato l’anno precedente. Per il primo anno, che è stato il 2002, il livello base è stato fissato utilizzando la normativa dei prezzi del kWh stabilita dal decreto CIP6/92 che regolava la materia della produzione energetica delle fonti rinnovabili prima del decreto Bersani. Poiché il CIP6/92 assicurava una durata delle incentivazioni governative per 8 anni e gli ultimi impianti riconosciuti da questa normativa sono entrati in funzione negli ultimi anni ’90, le nuove norme dei CV si troveranno a convivere ancora per qualche anno con le vecchie del CIP6/92. Pertanto il prezzo base dei CV è stato raccordato ai prezzi del kWh degli impianti CIP6/92, fissandone il valore come differenza tra il prezzo riconosciuto amministrativamente del kWh CIP6/92 e il ricavo medio ottenuto dalla vendita di tale kWh sul mercato dell’elettricità.

 

Gli impianti di produzione elettrica sottoposti alla normativa CIP6/92, che sono entrati in esercizio dopo l’1/4/1999, possono emettere CV. La proprietà di tali certificati è assegnata al GRTN che li pone sul mercato per proprio conto. Nel 2002 l’offerta potenziale di CV derivati da impianti CIP6/92 è stata di 4.3 TWh. A chiusura del mercato a fine anno i CV emessi in proprio e venduti dal GRTN sono stati 23287 corrispondenti ad una produzione elettrica di 2.329 TWh. Il prezzo di vendita a consuntivo è stato di 8418 € per CV, che per l’acquirente è divenuto pari a 10100 € per l’aggiunta dell’IVA.  Il  totale  delle emissioni di CV da parte del GRTN, per conto dei produttori privati, è stato di 9140 CV, venduti allo stesso prezzo di quelli del GRTN, corrispondenti ad una produzione di energia elettrica da IAFR di 914 GWh. Pertanto il volume totale del mercato dei CV nel 2002 è stato pari a 32427 corrispondenti a 3.243 TWh di energia elettrica rinnovabile, con cui si è soddisfatto l’obbligo della quota del 2% sulla produzione nazionale di elettricità.  

 

Facendo riferimento al consumo elettrico nazionale lordo del 2002, che è stato di circa 310 TWh, la quota del 2% corrisponderebbe a 6.2 TWh, cioè a un valore pressoché doppio di quello realizzato con i CV. La discrepanza è spiegata dal fatto che alcune voci di bilancio dell’elettricità sono esenti dall’obbligo dei CV. Si tratta ovviamente della quota già prodotta di energia rinnovabile nei vecchi impianti (idroelettrica in primo luogo), di quella importata, degli autoconsumi delle centrali, dell’energia impiegata per i pompaggi, di quella destinata alla cogenerazione e di una quota di franchigia pari ai primi 100 GWh prodotti annualmente da ogni impianto. Tenendo conto di tutto ciò, il riferimento da adottare per il calcolo di partenza del 2002 è stato pari a 167 TWh, il che ha portato alla quota 2% da soddisfare con energia rinnovabile pari a 3.3 TWh, cioè a una domanda di CV per il primo anno di funzionamento di 33000 titoli in accordo sostanziale con il consuntivo di 32430 CV sopra esposto. In conclusione, visto il valore unitario spuntato di 10100 € (IVA compresa) per CV, le dimensioni del mercato dei CV per il primo anno sono state di 327.5 milioni di €. Dato l’aumento notevole dei consumi di elettricità previsto per gli anni successivi (nel 2003 è stato circa il 2% nonostante la crisi economica), la domanda di CV crescerà e di conseguenza si amplieranno ulteriormente le dimensioni del mercato. Il GRTN prevede una crescita della domanda di CV dagli attuali 3.3 TWh a circa 5 TWh, cioè 50000 CV, per il 2005.

 

L’adesione della UE al Protocollo di Kyoto ha portato come conseguenza alla direttiva 2001/77/CE, che richiede agli stati membri l’adozione di misure di promozione delle fonti rinnovabili in modo tale da aumentare gradualmente la percentuale di energia prodotta con tali fonti per conseguire l’obiettivo comunitario del 12% di energia rinnovabile sul bilancio della UE del 2010. Tale obiettivo si traduce in quello del 22.1% di energia elettrica da fonte rinnovabile sul fabbisogno comunitario di elettricità per lo stesso anno. Il recepimento di questa direttiva è attualmente in corso secondo il D.Lgs detto “Decreto Marzano” di cui uno stralcio relativo alle fonti rinnovabili sta divenendo operativo in questi giorni. Tale stralcio prevede un incremento dello 0.35% annuo da aggiungere a partire dal 2005 sulla quota 2% in modo da contribuire notevolmente all’obiettivo totale del 22% previsto in accordo alla direttiva 2001/77/CE per il 2010. Per tale data si prevede per l’Italia un fabbisogno di elettricità di 380 TWh, di cui 84 TWh saranno prodotti da fonti rinnovabili. Il sistema dei CV secondo il “Decreto Marzano” dovrebbe contribuire per 9.2 TWh a tale data.

 

Effetto dei CV sull’economia dell’eolico, sull’ambiente e sul mercato delle fonti rinnovabili

 

Il costo attuale di produzione del kWh eolico è mostrato in funzione della velocità media del vento nella figura seguente. La curva più alta si riferisce al costo di produzione in assenza di qualsiasi forma d’incentivazione ed è stata ottenuta considerando una centrale con aerogeneratori da 1 MW ed un costo d’impianto “chiavi in mano” pari a 1100 €/kW, un tasso d’interesse reale pari al 5%, una vita operativa dell’impianto di 25 anni, un fattore di disponibilità di 0.9 ed un costo annuale di esercizio e manutenzione pari al 3% del costo d’impianto. Mentre la curva più bassa mostra un esempio indicativo dell’effetto prodotto dalla presenza dei CV.

 

Costo del kWh eolico in funzione della velocità media del vento misurata a 10 m dal suolo (Fonte: Calcoli eseguiti dall’autore sui dati di mercato)


 

Il livello di competitività con il costo medio attuale di produzione per il kWh termoelettrico convenzionale è stato considerato pari a 6 c€. Il grafico mostra che la concorrenzialità economica dell’eolico si ottiene in siti con velocità media del vento superiore a 5.7 m/s.

 

Dal punto di vista di un produttore privato di elettricità con impianti eolici qualificati IAFR, la situazione economica  nel 2003 è caratterizzata nel modo seguente:

 

1.    L’energia elettrica prodotta viene ceduta al GRTN al prezzo medio di mercato del kWh rinnovabile. Il vantaggio del produttore consiste nella sicurezza del dispacciamento prioritario e quindi nella garanzia dell’acquisto da parte del GRTN. Nel 2001 il prezzo medio d’acquisto fissato dall’Autorità per l’Energia è stato di 5.7 c€/kWh, mentre nel 2002 è stato di 5.0 c€/kWh.

 

2.    I CV emessi in corrispondenza della produzione annuale d’energia vengono offerti sul mercato della Borsa dei CV e venduti al prezzo di mercato. Nel 2002 alla chiusura del mercato il prezzo di vendita dei CV è stato pari a 84.18 €/MWh, cioè circa 8.42 c€/kWh.

 

3.    Pertanto nel caso in cui la vendita dei CV sia andata a buon fine, l’operatore eolico IAFR ha realizzato nel 2002 in un sito da 5.7 m/s un ricavo totale tra vendita di energia e di CV pari a 13.4 c€/kWh contro una spesa di produzione di circa 6 c€/kWh. L’utile netto è stato di 7.4 c€/kWh pari a circa il 23%.

 

Dalla curva più alta in figura si vede come, in condizioni normali, cioè in assenza di incentivazioni governative, le centrali eoliche per essere remunerative dovrebbero essere installate in siti con velocità media del vento superiori a 5.7 m/s. Siti di queste caratteristiche sono abbastanza rari in Italia, essendo presenti per la maggior parte sulle alture a partire da una quota intorno ai 1000 m, con particolare frequenza nelle zone di crinale dei monti. Generalmente si tratta di zone di pregio paesaggistico, tanto è vero che la maggior parte di esse sono protette dalla legge Galasso. Questi siti sono difficili da raggiungere, perché in genere non sono serviti da strade carrabili, o se esiste un accesso, si tratta quasi sempre di strada non adatta al passaggio dei grossi automezzi necessari per il trasporto delle parti degli aerogeneratori. L’attrezzatura di tali siti per accogliere gl’impianti eolici richiederebbe pertanto ingenti spese non considerate nel costo sopra raffigurato. L’effetto di tale extracosto sulla competitività si traduce nella necessità di avere a disposizione siti con velocità media del vento più alta di quella considerata, il che porta ad un ulteriore restringimento del numero dei siti possibili. In definitiva, se le condizioni economiche di libero mercato fossero rispettate, la diffusione dell’eolico in Italia avrebbe una dimensione per così dire fisiologica con insediamenti soltanto nelle zone ad alta remunerazione, cioè nei pochi siti con velocità media del vento (misurata a 10 m dal suolo) superiore ai 6-6.5 m/s. Queste zone, proprio perché molto ventose, si trovano in genere lontano dai centri abitati e quindi con scarso impatto visivo e acustico sui residenti, anche se spesso esse hanno un alto valore paesaggistico e ambientale.

 

Nella realtà, invece, le fonti rinnovabili operano in condizioni di mercato assistito. Infatti, esse, per le loro qualità ambientali, godono di provvedimenti d’incentivazione pubblica, tra i quali attualmente primeggia quello del CIP6/92 in corso di sostituzione con il meccanismo dei CV. Facendo riferimento a questa recente normativa, l’effetto notevole sulla situazione dell’eolico può essere reso evidente utilizzando lo stesso grafico dei costi di produzione. La somma ricavata dalla vendita dei CV per gli otto anni consentiti si traduce nel grafico in una traslazione verso il basso della curva di costo, con il conseguente spostamento verso le basse velocità medie del vento del punto di incontro con il livello di competitività. A titolo esemplificativo, si supponga che il ricavo complessivo ottenuto dai CV negli otto anni di validità delle incentivazioni dopo il 2002 venga spalmato su tutta la vita operativa dell’impianto e che ciò possa portare ad un valore medio in detrazione dal costo di 3 c€/kWh. La nuova situazione ottenuta è raffigurata nella curva più bassa in figura. La competitività ora s’incontra in siti di velocità media del vento a partire da 4.9 m/s. Detto in altri termini, ciò ha come conseguenza che divengono artificialmente remunerativi per gli impianti eolici anche i siti a più basse velocità del vento con un allargamento notevole delle zone potenzialmente interessate, fino a comprendere anche siti prossimi ai centri abitati. In definitiva le incentivazioni dei CV, oltre a produrre benefici economici per gli operatori, producono anche un allargamento dell’impatto complessivo degli impianti sul territorio, andando ad interferire sulle condizioni di vita (per la rumorosità delle macchine ad esempio) dei residenti nei paesi posti in vicinanza dei siti. Questo fenomeno di diffusione degli impianti sta interessando zone di grande pregio ambientale e paesaggistico e sta causando grande preoccupazione. A confronto con i circa 858 MW installati fino a oggi, la potenza complessiva relativa alle domande di allacciamento alla rete nazionale ammonta a più di 13000 MW (circa 13000 eaerogeneratori da aggiungere ai 1350 attualmente installati). Questa corsa all’eolico è la naturale conseguenza della normativa dei CV. Infatti molti siti che non sarebbero stati presi in considerazione senza i CV, vengono ora coltivati con impianti eolici la cui remuneratività è dipendente dal mantenimento della normativa incentivante. Al venire meno di questa, le condizioni di libero mercato metteranno tali siti fuori dalla competitività e gli impianti rimarranno inoperanti. A questo punto si porrà la questione dello smantellamento degli impianti  e del ripristino dei siti, i cui costi saranno, come al solito, a carico della collettività. Lo Stato in tal modo pagherà due volte l’incentivazione all’eolico, perché tali costi oggi non sono contabilizzati nel meccanismo dei CV.

 

A queste critiche si potrebbe obiettare con i benefici ambientali apportati dall’energia pulita prodotta. Alla prova dei fatti, la quantificazione di tali benefici nella situazione futura più favorevole per l’eolico dell’installazione complessiva di 5000 MW al 2010 porterebbe ad un contributo annuale di elettricità di circa 10 TWh, essendo pari a 2000 ore il fattore di capacità medio italiano ottenuto nella pratica. In termini relativi sul fabbisogno annuale di elettricità previsto per il 2010 di 360 TWh, questo contributo inciderebbe per il 2.8% ed il risparmio di energia primaria conseguito sarebbe di 2.2 Mtep l’anno, corrispondenti all’1.1% del fabbisogno nazionale del 2010. Le emissioni evitate sarebbero pari a circa 7.2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, che corrispondono a circa il 2% del totale nazionale odierno. A fronte di questi benefici marginali, si avrebbe la presenza sul territorio di circa 5000 aerogeneratori da 1 MW, che andrebbero ad alterare le linee del paesaggio collinare e montano di gran parte dell’Italia centrale e meridionale, isole comprese.

 

Per di più, il meccanismo d’incentivazione dei CV applicato all’eolico, oltre a produrre un rilevante aumento del danno paesaggistico e ambientale, produce sul piano economico una grande distorsione del mercato delle fonti rinnovabili. Infatti, tra le nuove fonti rinnovabili, solo l’eolico si trova nella condizione di poter approfittare appieno delle incentivazioni, perché tale tecnologia è ormai matura avendo raggiunto la competitività del costo di produzione del kWh nelle condizioni anemologiche delle zone montane. L’accesso ai CV rende l’energia elettrica prodotta, non solo competitiva, ma, come si è visto, anche molto redditiva per i produttori privati a spese della collettività. Nel contempo, le altre fonti rinnovabili che si trovano ancora distanti dalla competitività (ad esempio il solare fotovoltaico, il solare termoelettrico, le biomasse) avrebbero bisogno di misure d’incentivazione adeguate e differenziate per ciascuna tecnologia in misura superiore a quella dei CV. Per queste tecnologie il mercato dei CV resta poco attrattivo e in qualche caso pressoché inaccessibile.

 

In conclusione, pur se in linea di principio il meccanismo dei CV sembra un valido strumento d’incentivazione in armonia con le regole della concorrenza di mercato, nella pratica avviene che esso in Italia premia eccessivamente l’eolico e ciò va a scapito delle altre fonti rinnovabili dal momento che le risorse disponibili per l’incentivazione sono limitate. Se non verranno prese misure di correzione di rotta, la conseguenza sarà pagata in termini di ritardo nello sviluppo delle altre opzioni rinnovabili, solare in primo luogo, le cui potenzialità energetiche in Italia sono ben più attraenti di quelle eoliche, essendo collegate a un giacimento tanto grande che il suo sfruttamento potrebbe essere risolutivo della crisi ambientale.

 

Bibliografia

 

1.    Rapporti Energia e Ambiente dell’ENEA del 2001, 2002, 2003.

2.    Relazioni Annuali dell’Autorità per l’Energia ed il Gas del 2002, 2003.