IL CIGNO NERO
DI SUMATRA
Di Ugo Bardi, Gennaio 2005
Il disastroso maremoto dell’Oceano Indiano del
Dicembre 2004 ci porta a riflettere su quanto spesso la società si trova
impreparata a a fronteggiare eventi catastrofici. Di fronte alla violenza dello
tsunami, c’erano case e alberghi costruiti sul bordo del mare, nessuna
protezione contro le onde anomale, nessun sistema di allarme per la
popolazione, nessuna preparazione per le emergenze. Il risultato l’abbiamo
visto tutti.
Era un disastro prevedibile? In linea di massima,
si. Ovviamente non si poteva sapere quando e esattamente dove il maremoto
avrebbe colpito. Però si sapeva che il rischio c’era. Tutta l’Indocina è parte
del’ “anello di fuoco”, una lunghissima catena di vulcani che circonda l’Oceano
Pacifico e che si estende nell’Oceano Indiano fino all’estrema punta dell’isola
di Sumatra. Zona altamente sismica e origine di molti maremoti; per la verità
più frequenti nel Pacifico, ma non c’è – e non c’era – nessuna ragione per la
quale l’Oceano Indiano avrebbe dovuto essere immune. Infatti, nel 1883,
l’esplosione del vulcano Krakatoa, al largo della costa di Sumatra, causò un
disastro simile a quello attuale. Un disastro, evidentemente, di cui tutti si
erano dimenticati.
La storia del maremoto del 2004 sottolinea alcune
caratteristiche tipiche della difficoltà che la società ha a prepararsi a un
certo tipo di catastrofi. Secondo la difinizione di Nassim Taleb, possiamo
chiamare questo tipo di eventi: “cigni
neri”. E’ un termine che viene da un vecchio aneddoto: osservando un gran
numero di cigni, puo’ sembrare che tutti i cigni siano bianchi. Tuttavia non si
potrà provare con assoluta certezza che non ce ne sia uno nero da qualche
parte.
Nassim Taleb ha diffuso il concetto di “cigno nero”
in relazione alle operazioni finanziarie. Esistono molti modi per operare in
borsa, spesso si cerca di minimizzare le perdite possibili. Alle volte, questo
tipo di fondi vengono chiamati “hedge funds.” “Hedge” sta per “barriera”, “schermo”, qualcosa che dovrebbe impedire le
perdite improvvise e distruttive. Nella pratica, questi fondi sono soggetti al
collasso totale dovuto a eventi di tipo cigno nero. Ecco cosa ha da dire sulla
faccenda Nassim Taleb che usa il paragone con la roulette russa.
http://www.tradingmarkets.com/content/courses/bm_course/week4/4page4.htm
"La realtà
è molto più carogna di una roulette russa. In primo luogo, genera la pallottola
fatale solo raramente, come una rivoltella che avesse centinaia, o addirittura
migliaia, di colpi, invece dei normali sei. Dopo qualche dozzina di tentativi,
ci si dimentica dell’esistenza di una pallottola e ci si fa prendere da un
falso senso di sicurezza. Questo punto lo chiamiamo “Il Problema del Cigno
Nero.”
Sfortunatamente, la nostra tendenza è di valutare
la probabilità di un evento da quante volte si è verificato nel passato. Questo
va bene per eventi frequenti ma, nel caso di eventi rari, il fatto che non si
siano verificati nei tempi che la memoria umana può abbracciare non vuol dire
che non si verificheranno mai. Così, nel caso del terremoto di Sumatra, la
memoria umana si era dimenticata del disastro del Krakatoa, avvenuto più di
cento anni fa, e di conseguenza ha ignorato il rischio. Succede la stessa cosa
in tantissimi altri casi. Per esempio, se la gente non si facesse prendere
dalla compiacenza, non si dimenticherebbe così spesso di indossare le cinture
di sicurezza in macchina.
Forse il più grave di tutti i rischi di tipo cigno
nero è quello relativo al riscaldamendo globale da gas serra. Si sta facendo
sempre più strada l’idea che qualsiasi cosa accada al clima terrestre questa
NON sarà una cosa graduale e controllabile. La storia passata del pianeta ci mostra
come i cambiamenti climatici avvengano bruscamente e possano essere
estremamente distruttivi; cigni neri, appunto. Quando si parla di cose come
l’arresto della circolazione termoalina atlantica (la corrente del golfo) e la
possibile conseguenza di un’era glaciale sull’Europa, si parla di eventi rari
ma non impossibili. Sappiamo che sono già avvenuti nel passato, sia pure
remoto.
Tuttavia, vediamo comunemente che si tende a
negare il rischio di un possibile disastro climatico. Valga come esempio qui il
rapporto sui cambiamenti climatici commissionato dal Pentagono nel 2004. Era un
rapporto dove si prendevano in considerazione eventi disastrosi quali l’arresto
della corrente del Golfo. Quando il rapporto è stato pubblicato sulla stampa,
ci sono state delle reazioni preoccupate. Ma il commento ufficiale del
Pentagono è stato “non cè niente di cui preoccuparsi dato che sono eventi
estremamente improbabili.” Improbabili, appunto, come un terremoto forza nove
nell’Oceano Indiano.
Così non si sta facendo nulla per prepararsi a
possibili disastri climatici futuri; cigni neri che ci potrebbero fare dei
danni spaventosi. I tentativi di sollevare il problema danno come unico
risultato essere tacciati di catastrofisti. Vale la pena citare a questo
proposito alcuni atteggiamenti molto aggressivi come quello dell’economista
americano Craig Marxsen che ha dichiarato senza mezzi termini in un suo
articolo che se succede qualche catastrofe ecologica sarà colpa di chi l’ha
annunciata (www.independent.org/pdf/tir/tir_07_3_marxsen.pdf). Persino il pannello
internazionale per il cambiamento climatico (IPCC), organismo creato apposta
per studiare il problema del riscaldamento globale, fa di tutto nei suoi scenari
per eliminare gli eventi estremi, evitando persino di menzionarli. Si fa così
per non spaventare la gente ma più che altro, evidentemente, per evitare di
essere tacciati di catastrofisti pericolosi. Ma se per disgrazia succede
qualcosa di veramente grave al clima, ci troveremo del tutto impreparati.
Tuttavia, non siamo completamente indifesi davanti
ai cigni neri. Esiste anche una programmazione intelligente contro i rischi da
catastrofi tipo “cigno nero.” Questa programmazione nasce da un’analisi dei
rischi che si basa su dati scientifici oggettivi. E’ difficile essere oggettivi
in un campo dove ci si scontra spesso contro la compiacenza e contro le
invettive contro i “catastrofisti, ma è possibile. Le misure antisismiche
obbligatorie per gli edifici ne sono un esempio. Forse l’esempio più
interessante è quello dell’industria aeronautica che ha reso gli arei fra i
mezzi di trasporto più sicuri esistenti.
Questo è stato ottenuto programmando sempre in vista del caso peggiore
sulla base dell’applicazione rigorosa del principio di precauzione che, in
questo caso, recita che “nel dubbio, l’aereo non parte”.
Non è impossibile programmare per difendersi dalle
catastrofi. Sarebbe bastato poco per prendere semplici provvedimenti di allerta
che avrebbero ridotto enormememente i danni e le vittime dello Tsunami del
2004. Lo possiamo fare anche nel caso dei grandi cambiamenti climatici che ci
potrebbero sorprendere nel futuro. Dipende solo da noi.